L’approccio ergonomico all’organizzazione del lavoro
Paola Cenni
A livello internazionale, sette economie importanti (G7) hanno riconosciuto che è opportuno occuparsi di benessere fisico e mentale quando si ragiona in termini di produttività. Pertanto, l’organizzazione del lavoro va pensata come processo che, pur interessato ad incrementare gli utili degli investitori lascia spazio alla vocazione antropocentrica dell’ergonomia (altrimenti definita Human Factors).
La norma ISO 26800 descrive principi ergonomici di base e concetti da applicare ai sistemi di lavoro nella progettazione e valutazione di compiti, attività, prodotti, strumenti, attrezzature, organizzazioni, servizi, facilities e ambienti. Nello specifico, tali aspetti sono illustrati in altri standard ergonomici per supportare manager, ingegneri e designer nella scelta di modalità che assicurino all’intero contesto lavorativo la massima efficacia, efficienza e soddisfazione d’uso.
La recente UNI EN ISO 27500 “Organizzazione orientata all’utente – Principi generali e logici”, tratta la qualificazione di funzioni e ruoli con particolare riguardo per il responsabile delle risorse umane, impegnato nel miglioramento continuo, sia a livello di salute e sicurezza che di strategie economco- produttive.
Il primo principi chiarisce le ragioni d sfondo che hanno ispirato la norma stessa: centralità della persona, rispetto per la specificità del contesto e confronto fra management e stakeholders interessati.
Il secondo principio riconosce l’importanza di capitalizzare le differenze individuali da considerare come valore organizzativo. Ad esempio, caratteristiche antropometriche particolari impongono utili adeguamenti delle postazioni di lavoro, così com’è opportuno che un team includa persone con abilità ed esperienze diverse (complementari) per migliorare il problem solving.
Il terzo principio sostiene che standard internazionali (riferiti a prodotti, sistemi e servizi) possono contribuire a “fare di usabilità e accessibilità obiettivi strategici anche a livello di economia aziendale”.
Il quarto principio chiede al management di “adottare un approccio sistemico (olistico)” per una prospettiva socio-tecnica integrata, sostenuta da un lavoro di squadra multidisciplinare.
Il quinto principio invita a “considerare salute, sicurezza e benessere prioritari rispetto alla produttività del business” con una mentalità proattiva che non si limiti al solo rispetto degli adempimenti minimi richiesti dalla legislazione.
Il sesto principio raccomanda di “valorizzare la persona creando lavori significativi” mentre il settimo auspica un’organizzazione “aperta e credibile” per favorire comunicazioni trasparenti bi-direzionali (upward) e decisioni manageriali partecipare e attente alle opinioni espresse da personale e clienti (feedback positivi e negativi).
L’ultimo principio invita il management ad “agire in maniera socialmente responsabile” (vedi UNI ISO 26000) Riguardo a: impatto su società, economia e ambiente; trasparenza decisionale; comportamento etico; rispetto per legislazione, normativa, stakeholders e diritti umani (evitando discriminazioni e disparità di genere).
La mancata applicazione dei principi ergonomici può facilitare una valutazione dei rischi interessata soprattutto a rilevare incidenti, patologie o disastri. La valenza espressa da un HR Manager qualificato e disponibile nell’ambito di una “organizzazione orientata all’utente” consente – invece – di comprendere l’insorgenza e interpretarla, cogliendo adeguate opportunità preventive. Riguardo al carico mentale all’interno di un sistema, progettato per contrastare l’insorgenza di stress, la normativa ergonomica (vedere ISO 10075) auspica il coinvolgimento di competenze in grado di capire e dare risposte alle esigenze dei lavoratori, in particolare su: motivazione, autonomia, supporto ed equità sociale.
Inoltre, la corretta misura del carico presuppone sia la scelta di metodi appropriati, rispetto alle differenti situazioni lavorative, sia la qualità statistica degli strumenti adottati per quantificare l’intensità e la distribuzione temporale dell’impegno cognitivo.
Infine, riguardo allo stress lavoro-correlato, può essere utile citare il percorso valutativo e gestionale proposto dall’INAIL (2011) che prevede il coinvolgimento coordinato dei lavoratori e delle figure della prevenzione. Tale integrazione consente di ottenere sia dati oggettivi su contesto e contenuto del lavoro, sia dati soggettivi che riflettono percezioni da considerare come feedback utile anche a livello organizzativo.